Il deep learning si è imposto con autorità nel ricco glossario dell’intelligenza artificiale e dei big data analytics, dimostrando di poter generare applicazioni in grado di avere un impatto dirompente in vari ambiti di business, soprattutto quando parliamo di sistemi autonomi nell’apprendimento riguardo tematiche anche estremamente complesse, nell’ambito di moltissime industry.

Ma cos’è davvero il deep learning? In questo servizio cercheremo di capire quali sono le sostanziali differenze concettuali tra l’intelligenza artificiale, intesa quale tecnologia “ombrello” e l’ambito specifico a cui si rivolgono i data scientist quando ricorrono alle tecniche su cui si basa l’apprendimento profondo.

Non è un mistero che il deep learning costituisca un caso particolare nel contesto molto più ampio che l’intelligenza artificiale e lo stesso machine learning comportano, sia dal punto di vista teorico che da quello pratico e applicativo.

Cos’è l’AI

Il concetto di intelligenza artificiale (AI) risale alla classicità, quando iniziano a riscontrarsi tracce letterarie di automi in grado di esonerare l’uomo dalle operazioni più gravose e in generale all’idea di un organismo sintetico in grado di replicare e imitare l’essere umano, nel pensare e nell’agire.

Nella sua moderna concezione, come la intendiamo oggi, l’intelligenza artificiale affonda le proprie radici negli anni Cinquanta, quando si inizia a parlare di sistemi in grado di pensare come l’uomo per risolvere problemi di natura complessa.

Dal punto di vista tecnologico, abbiamo assistito a varie definizioni della AI, sulla base dell’evoluzione della matematica degli algoritmi, dei metodi utilizzati e dei sistemi computazionali richiesti per elaborare calcoli sempre più gravosi. Non avrebbe infatti senso assegnare all’intelligenza artificiale una definizione statica, tante sono le sfaccettature che la caratterizzano e il ritmo con cui queste evolvono nel tempo.

Nel corso della propria storia, l’intelligenza artificiale ha affrontato varie fasi evolutive. Basti pensare al fatto che i primi sistemi AI erano basati su regole, mentre attualmente si stanno diffondendo sempre più rapidamente discipline come il machine learning, i cui algoritmi sono in grado di apprendere in autonomia da una serie di dati storici per elaborare analisi descrittive e predittive in merito a vari contesti applicativi.

Se da un lato i sistemi AI sono in grado di arrivare laddove l’uomo non sarebbe mai capace di elaborare correlazioni di dati tanto complesse, le capacità di ragionamento dell’intelligenza artificiale non sono ancora equiparabili a quelle umane.

Sono le ragioni per cui, anziché promettere inutili miracoli, la AI al momento andrebbe sempre intesa come un assistente per l’uomo, potendo contare su una capacità computazionale molto elevata, in grado di elaborare in frazioni di secondo operazioni che le persone impiegherebbero molto più tempo ad effettuare.

Anche se i moderni sistemi di AI generativa hanno dimostrato sorprendenti progressi in tal senso, la capacità di assegnare un significato ai dati richiederà ancora moltissimo lavoro in termini di ricerca e sviluppo. Ciò in merito alla capacità dell’intelligenza umana di creare collegamenti tra i vari significati nel contesto di un ragionamento di senso compiuto.

Il concetto è molto semplice. Se sentiamo “mucca”, associamo prontamente tale significato all’immagine di un bovino e siamo perfettamente in grado di riconoscere tale informazione in immagini e video, oltre ad immaginarla in vari contesti e situazioni.

L’intelligenza artificiale ha colmato in gran parte questo gap grazie ai sistemi pre-addestrati con data set contestuali di grandi dimensioni (big data). La dipendenza stessa dai dati è tuttavia fonte di errore quando le informazioni fornite al sistema sono insufficienti o di scarsa qualità per quanto riguarda la pertinenza al contesto. Ricollegandoci a quanto affermato in precedenza, un sistema AI potrebbe elaborare una mucca con le ali, o di colore giallo, circostanze che il cervello umano non prenderebbe mai in considerazione.

Nell’ambito dell’intelligenza artificiale si riconoscono due filoni applicativi. Da un lato la AI ristretta (narrow AI) che si focalizza su un problema molto specifico e contestualizzato. D’altro lato l’intelligenza artificiale forte (artificial general intelligence) che mira a risolvere problemi di ampia portata. Nel primo caso, ritroviamo applicazioni ormai ampiamente in uso in tutte le industry, che stanno dando un forte impulso al business dell’intelligenza artificiale, mentre per quanto riguarda la AI generalista c’è ancora moltissima strada da fare, sotto tutti i punti di vista.

Cos’è il deep learning

Il deep learning è un subset del machine learning che utilizza reti neurali caratterizzate da tre o più layer, con la capacità di portare l’apprendimento automatico ai livelli più performanti tra quelli attualmente noti, per affrontare problemi di notevole complessità.

Facendo un passo indietro, dobbiamo constatare come il deep learning, sin dagli anni Ottanta, sia stato legato allo sviluppo delle reti neurali, ma soltanto negli anni 2010 si è potuto assistere ad una diffusione apprezzabile. Ciò è dovuto principalmente alla democratizzazione dell’elaborazione informatica.

Soltanto in quel periodo si sono resi disponibili su ampia scala e a costi tutto sommato accessibili i sistemi computazionali necessari per elaborare i calcoli richiesti dalle reti neurali profonde. Il cloud computing ha giocato un ruolo fondamentale, anche grazie ai grandi investimenti operati dagli hyperscaler come Amazon (AWS), Google (Google Deepmind) e Microsoft (Open AI).

Rispetto al machine learning, a cui si chiedono risposte efficaci a problemi contestualizzati nel modo più semplice possibile, il deep learning è in grado di produrre risultati apprezzabili anche nel caso di problemi generalizzati. Un caso ricorrente è costituito dalle applicazioni di riconoscimento facciale.

Utilizzando metodi pensati per problemi molto specifici, il machine learning prenderebbe in considerazione poche variabili, rivelandosi inefficace data la complessità del problema. Il deep learning, grazie alla capacità di utilizzare molti più layer informativi riuscirebbe ad apprendere rappresentazioni dei dati molto più complesse, correlando ad esempio i colori con le forme, e farlo considerando varie combinazioni, fino ad ottenere il risultato desiderato.

Non è un caso che il deep learning abbia consentito un incredibile incremento nelle performance delle applicazioni basate sul riconoscimento degli oggetti (object recognition) e sul riconoscimento naturale del linguaggio (NLP), problemi generalisti e caratterizzati da una notevole complessità di base.

Il deep learning si basa sull’impiego di varie tipologie di reti neurali. Le più note sono le reti neurali convoluzionali, le reti neurali ricorrenti e le reti neurali avversarie (GAN), note anche al grande pubblico per il loro impiego nella creazione dei deepfake.

Il deep learning viene attualmente utilizzato in molte applicazioni nell’industria automotive, aerospaziale, manifatturiera, così come nell’healthcare, nel finance e in molti altri settori di business. Tra le centinaia di casi d’uso noti, possiamo evidenziare come:

  • La ricerca diagnostica in ambito medico impiega il deep learning per applicazioni di computer vision capaci di individuare patologie invisibili all’occhio umano nel loro stadio precoce
  • I sistemi di guida autonoma utilizzano modelli di deep learning per riconoscere i segnali stradali e rilevare ostacoli lungo il percorso.
  • I sistemi di sicurezza in ambito industriale utilizzano applicazioni di deep learning capaci di rilevare la distanza minima tra gli operatori e le varie parti delle macchine, attivando automaticamente misure di autotutela in caso di infrazione.

Quali le differenze

Per comprendere quali siano le differenze che intercorrono tra l’intelligenza artificiale e il deep learning occorre in primo luogo comprendere che non si tratta di soluzioni alternative a livello di tecniche o metodi. Non sono entità che si possono contestualizzare sullo stesso piano. Il deep learning rappresenta infatti una sottobranca del machine learning, che a sua volta costituisce una delle discipline diffuse nell’ambito dell’intelligenza artificiale.

L’intelligenza artificiale costituisce pertanto un termine ombrello entro il quale ricadono una serie di tecniche, tra cui il deep learning. Se il machine learning è generalmente riconducibile ad algoritmi di apprendimento automatico per la risoluzione di un problema specifico e noto nel mondo reale, il deep learning fa ovviamente altrettanto, focalizzandosi tuttavia su un sottoinsieme di strumenti e tecniche capaci di ricercare soluzioni a problemi più generalisti, che richiedono modelli decisamente più complessi da elaborare, data la quantità e la varietà di tipologie di dati da correlare tra loro.

Al di là del range applicativo, più o meno ristretto, sia il machine learning che il deep learning sono in ogni caso riconducibili all’intelligenza artificiale proprio per la capacità di risolvere un problema secondo l’approccio del pensiero umano, emulato da un elaboratore informatico.

Come AI e deep learning lavorano insieme

Quanto affermato al punto precedente ci consente finalmente di comprendere il motivo per cui in sede divulgativa assistiamo spesso alla compresenza tra intelligenza artificiale e deep learning, del tutto corretta se consideriamo come quest’ultima sia utilizzata con profitto in varie tecniche AI, come la visione artificiale, i motori di raccomandazione, il riconoscimento vocale e l’elaborazione del linguaggio naturale.

Nell’ambito della computer vision (visione artificiale) vengono frequentemente utilizzati algoritmi di deep learning per riconoscere gli oggetti presenti nelle immagini, in applicazioni come:

  • Riconoscimento facciale, per identificare volti e attributi (apertura occhi, presenza occhiali, barba e baffi, ecc.)
  • Moderazione contenuti, per rimuovere automaticamente immagini non conformi nei contenuti multimediali, come nel caso di nudità o violazioni di copyright.
  • Identificazione di loghi e marchi all’interno dei contenuti multimediali.

Nell’ambito dell’elaborazione del linguaggio naturale, i sistemi AI ricorrono frequentemente ad algoritmi di deep learning per identificare informazioni e significati, tratti prevalentemente dall’analisi di documenti testuali. Tra le applicazioni più diffuse che vedono la combinazione tra NLP e deep learning ritroviamo:

  • Chatbot e assistenti virtuali
  • Indicizzazione di frasi chiave sui social media, riguardo commenti positivi o negativi ed altre tipologie di sentimenti
  • Sintesi automatica di documenti e contenuti testuali
  • Attività di business intelligence su documenti come e-mail e moduli integrati nei siti internet