Attuare una cloud migration è un fattore che offre diversi benefici a un’azienda. Ma occorre pianificarla in modo efficace per coglierne i vantaggi


La cloud migration permette a un’azienda di restare al passo con i tempi, che sono sempre più improntati a un’evoluzione tecnologica sensibile. Sono molte le imprese che già oggi hanno compreso questa necessità: secondo una ricerca di Gartner, più del 70% delle aziende ha effettuato una migrazione nel cloud pubblico.

Un’altra motivazione è che essere competitivi, anche in termini di digital transformation, sia ormai imprescindibile ma consegua anche vantaggi economici. In una indagine di IDC, è emerso che il 78% delle aziende ottiene un ritorno economico in un anno o meno dopo la migrazione. La pandemia ha accelerato notevolmente una tendenza che già era crescente.

CTA risorsa replatforming

È vero: la gestione dei costi del cloud computing è una sfida continua, ma c’è la consapevolezza che cogliere i numerosi vantaggi del cloud sia fondamentale per il loro futuro, anche per riuscire a gestire meglio la notevole mole di dati. La “nuvola” non è altro che un insieme di server ad alta potenza di uno dei tanti fornitori. Spesso possono visualizzare e interrogare big data in modo molto più rapido di quanto potrebbe fare un computer standard.

Una delle più recenti e significative decisioni, in termini di cloud migration, è quella che ha come protagonista Deutsche Bank. La banca da 1.400 miliardi di dollari sta sfruttando la piattaforma di servizi infrastrutturali per integrare l’automazione, le tecnologie di sicurezza, i flussi di lavoro, gli strumenti, l’integrazione dei dati e le capacità di cloud computing nel suo viaggio a lungo termine verso la “nuvola”. Se un istituto finanziario decide di fare un passo in questa direzione significa che la strategia garantisce di rispondere ai più elevati standard di sicurezza.

Colossi bancari a parte, anche le Pmi possono ottenere vantaggi dalla migrazione al cloud.

Tuttavia, la transizione non è un’impresa semplice e senza i giusti piani o servizi, è improbabile che il processo si svolga senza problemi. Ecco perché è bene conoscerlo bene e attuarlo con piena consapevolezza.

Cosa si intende per cloud migration?

Con cloud migration s’intende il processo di spostamento di alcune (o tutte) operazioni digitali nel cloud. Significa che in questa migrazione vengono comprese risorse digitali inerenti a servizi, database, risorse IT e applicazioni aziendali. Essa ha a che fare anche con il passaggio da un cloud a un altro.

Serverless CTA

Tale tendenza è legata all’avvento del cloud computing nei primi anni Duemila e alla proposta di alcuni colossi di una fornitura di servizi dedicati. Nel 2002, Amazon ha introdotto i suoi servizi di vendita al dettaglio basati sul Web. Nel 2006 Amazon ha lanciato AWS (Amazon Web Services) e nello stesso anno Google ha lanciato i servizi Google Docs.

Negli ultimi anni, le aziende stanno migrando i loro servizi e i loro dati verso il cloud, adattandosi a diventare luoghi di lavoro digitali elastici per far fronte all’aumento della domanda online e del lavoro da remoto. Perché decidano questo è legato ai benefici che la cloud migration offre. I vantaggi includono una maggiore agilità e flessibilità, una capacità di innovare più rapidamente, l’alleggerimento delle crescenti richieste di risorse e la migliore gestione delle crescenti aspettative dei clienti. Con la migrazione alla “nuvola” si assiste spesso a una riduzione dei costi e al conseguimento di risultati di business immediati o comunque a breve termine oltre al miglioramento delle prestazioni.

Tipologie di migrazione cloud

Esistono diversi approcci per effettuare la migrazione al cloud. Uno dei riferimenti, a questo proposito, lo offre il criterio delle “5 R” di Gartner: rehost (lift and shift), refactor, replatform, rebuild e replace.

Rehost (Lift and shift)

Con rehosting (più conosciuto come lift and shift) s’intende, la pratica di prendere tutto ciò che è in esecuzione su un sistema operativo e spostarlo direttamente nel sistema cloud scelto. È adottata quando si decide di spostare una copia di un’applicazione e dei dati esistenti su un’infrastruttura cloud con una riprogettazione o una modifica minima o nulla. Spesso questo significa passare a un provider di cloud pubblico.

Il vantaggio che offre rispetto ad altri metodi è la velocità di esecuzione. Il rehosting può essere eseguito rapidamente e con il minor numero di modifiche alle applicazioni esistenti.

Refactor

La migrazione in refactoring consiste nell’apportare modifiche alle applicazioni esistenti in modo che possano funzionare nel cloud. Per molti versi è l’opposto di lift-and-shift.

Il refactoring è molto più complesso di altri approcci di migrazione al cloud, perché richiede modifiche al codice dell’applicazione e deve essere testato attentamente per evitare regressioni di funzionalità.

Sebbene l’approccio del refactoring sia il più dispendioso in termini di tempo e risorse, può fornire il massimo ritorno sull’investimento una volta che l’applicazione viene eseguita nel cloud.

Replatform

È lo spostamento delle applicazioni nel cloud senza modifiche sostanziali, ma sfruttando i vantaggi dell’ambiente cloud. Il replatforming, in altre parole, è una strategia di migrazione al cloud che prevede la modifica di un sistema legacy per farlo funzionare in modo ottimale nel cloud senza riscriverne l’architettura di base. Si può considerare una via di mezzo tra le due strategie sopra illustrate. È simile al rehosting delle applicazioni sul cloud, ma comporta alcune modifiche dell’applicazione per sfruttare la nuova infrastruttura cloud. Si può presentare anche con altri nomi, come “Lift and Reshape” o “Move and Improve”.

Rebuild

Come suggerisce il nome (“ricostruzione”), significa riscrivere l’applicazione da zero. La ricostruzione è una soluzione basata su PaaS (Platform as a service) e richiede una buona familiarità con le applicazioni e i processi aziendali esistenti e con i servizi cloud.

Replace

Questa opzione si attua ritirando l’applicazione e sostituendola con una nuova cloud-native. Quando un’applicazione non può essere facilmente rimediata con le altre opzioni di modernizzazione “R”, le opzioni rimanenti sono la sostituzione con un’applicazione personalizzata o il passaggio a una SaaS (Software as a Service). Quest’ultima scelta è particolarmente diffusa quando un’organizzazione ha identificato una strategia di acquisto prima della costruzione.

Come si esegue una cloud migration

Per effettuare una migrazione al cloud occorre considerare diversi aspetti e passaggi. Innanzitutto, richiede una chiara comprensione delle applicazioni utilizzate in azienda. Questo è il primo passo: definire gli obiettivi della cloud migration. Per questo è bene cominciare con un audit delle risorse digitali per identificare la portata della migrazione. Inolte è bene individuare le applicazioni che possono apportare maggior valore nel cloud.

Un elemento da considerare in tal senso è stabilire l’opportunità di chiedere l’intervento di un cloud migration architect. È un professionista responsabile della pianificazione e del completamento di tutti gli aspetti della migrazione.

Un altro passo necessario è scegliere il livello di integrazione del cloud. Quando si sposta un’applicazione da un data center on-premise al cloud, ci sono due modi per migrare l’applicazione: un’integrazione cloud superficiale o un’integrazione cloud profonda.

Inoltre è necessario scegliere se effettuare una migrazione su un singolo cloud o un multi-cloud.

Un terzo aspetto da considerare, nella cloud migration è stabilire i KPI del cloud, ovvero indicatori di prestazione chiave per misurare il successo e identificare gli insuccessi.

Altrettanto importante, a questo proposito, è scegliere un fornitore di cloud.

Intanto va fatta una scelta del modello di cloud, ovvero se puntare su un cloud pubblico, privato o ibrido. Una volta fatto questo, bisogna iniziare a esaminare i fornitori di cloud presenti sul mercato e quale sia quello giusto per voi.

A questo punto si devono selezionare gli strumenti di automazione. Ne esistono molti, progettati per rendere la migrazione più semplice e per svolgere la maggior parte del lavoro difficile. Con il loro aiuto, le aziende possono migrare più velocemente, riducendo i costi e i vari rischi. L’automazione diventa indispensabile quando ci sono centinaia di componenti da migrare e un numero ancora maggiore di test delle prestazioni da eseguire per assicurarsi che tutto funzioni come previsto.

Quando si esegue una cloud migration si devono anche stabilire le linee di base delle prestazioni: con baseline, a questo proposito, si intende il processo di misurazione delle prestazioni attuali (pre-migrazione) dell’applicazione o del servizio per determinare se le prestazioni future (post-migrazione) sono accettabili. Le baseline aiutano a determinare il completamento della migrazione e a convalidare i miglioramenti delle prestazioni previsti dopo. È inoltre possibile fare riferimento a esse durante una migrazione cloud per diagnosticare eventuali problemi.

Non è ancora finita: a questo punto si deve identificare una strategia di migrazione. Si tratta del componente più critico per una migrazione attiva dell’infrastruttura e delle applicazioni al cloud. Una strategia efficace inizia con la preparazione e l’identificazione di una chiara motivazione aziendale per la migrazione. Gartner ha pubblicato le “5 R” proprio per le aziende possono utilizzare per tracciare una strategia di migrazione.

Infine, è consigliabile preparare un sistema di backup: la transizione al cloud richiede un piano ad hoc. Quando i dati sono archiviati in sede e si verificano dei problemi, si può sempre chiedere al personale IT di caricare i dati dalle unità di backup e ricaricarli in un’applicazione.

Alcune best practice da seguire

Quando si affronta una migrazione al cloud e il relativo progetto, quest’ultimo avrà un impatto di vasta portata sugli utenti, sui processi e sulle applicazioni di analisi. Oltre a scegliere la migliore strategia di migrazione per la vostra azienda, ci sono alcune pratiche aggiuntive che dovreste seguire per effettuare con successo il passaggio alla “nuvola”. Per una cloud migration ben fatta, è necessario ridurre i rischi, valutare quali dati spostare per primi e determinare dove i dati devono essere spostati.

L’intero progetto prevede una serie di best practice che, una volta comprese e adottate in un tipico progetto di migrazione al cloud, contribuiranno a garantire una transizione senza problemi al cloud. Inanzitutto, è bene comprendere che il passaggio al cloud si inserisce nella strategia aziendale dell’organizzazione. Un vantaggio della migrazione è la possibilità di ridimensionare i server e abbandonare le applicazioni sottoutilizzate.

Inoltre è bene pensare alla migrazione dei dati e delle applicazioni nel cloud se ciò consente di risparmiare sui costi dell’organizzazione. Quando si migrano i carichi di lavoro dall’infrastruttura on-premise a un cloud pubblico, si migliorano le prestazioni, l’affidabilità e la sicurezza delle applicazioni e si possono persino ridurre i costi.

Prima di pianificare il processo di migrazione per il passaggio da una configurazione on-premise a un cloud privato, pubblico o ibrido, è necessario conoscere bene l’infrastruttura e le applicazioni esistenti nell’organizzazione. Questa fase è importante perché, una volta che si passa alla soluzione di cloud migration, sarà necessario condurre un confronto tra le prestazioni delle applicazioni prima e dopo l’azione, sia in termini di tecnologia che di business, in un ambiente di test a basso rischio.

Altro aspetto da tenere in debita considerazione sono i costi del cloud. A prima vista, possono sembrare bassi, ma la natura dinamica della “nuvola” fa sì che essi possano lievitare sensibilmente. Per assicurarsi che questi costi non salgano, le aziende possono utilizzare i calcolatori dei costi della “nuvola” forniti dalla maggior parte dei fornitori di cloud IaaS.

Infine, ma non certo per ultimo, occorre formare tutti i dipendenti, quando si decide di intraprendere una cloud migration. Lavorare con il cloud è molto diverso da lavorare con la tecnologia on premise, soprattutto se un’organizzazione passa per la prima volta da un’infrastruttura legacy al cloud. I dipendenti devono essere formati per lavorare con uno specifico provider. Questa formazione deve essere costante. Per questo motivo, la strategia di migrazione al cloud deve considerare anche il tempo e l’investimento di capitale necessari per questa formazione.

Serverless CTA