Il dato al centro dell’operatività aziendale, dove “essere guidati dai dati” – traduzione letterale dell’inglese “data-driven” – non rimanda alla sola definizione di un processo decisionale fondato sull’oggettività dei dati statistici a disposizione dell’organizzazione, bensì a un ambito mentale, a un’attitudine di pensiero che, a partire dal management, investe tutto il personale, a più livelli. Si parla infatti di vero e proprio approccio data-driven.

Ecco, allora, che la data-driven company – lontana da quegli approcci fondati su visioni soggettive, interpretazioni personali e propri vissuti relativi all’azienda – decide, organizza e trova soluzioni basandosi unicamente sui dati e sulle informazioni e la conoscenza che da essi derivano (o meglio, dalla loro analisi). Con tutta una serie di vantaggi che ne derivano.

Definizione di data-driven company

La data-driven company, per definirsi tale, deve innanzitutto potersi focalizzare su una meticolosa gestione dei dati, investendo in metodologie, strumenti avanzati e tecniche di business intelligence, advanced analytics ed anche intelligenza artificiale volti alla loro selezione, raccolta, controllo, incrocio e analisi, ai quali seguono, poi, la visualizzazione e la reportistica.

Questa è la base dalla quale partire per “farsi guidare dai dati”. Dati che devono essere attendibili, di fonte sicura, aggiornati e rilevati con una certa frequenza, con l’obiettivo di consentire all’azienda di prendere decisioni, mettere a punto linee strategiche, individuare eventi critici, risolvere problematiche, modificare attività e alimentare il business a partire da quello che oggettivamente i dati indicano (e non su quanto di soggettivo possa esserci nella loro interpretazione) e nel modo più rapido ed efficiente possibile.

È, però, importante insistere su due punti, in merito ai quali la data-driven company non può prescindere: l’aggiornamento costante dei dati e la loro frequenza di rilevazione. Non è più possibile, allo stato attuale, affidarsi soltanto allo storico e ai report a consuntivo.

Pensiamo – solo per citare qualche esempio – all’esigenza di procedere all’analisi dei dati relativi ai comportamenti degli utenti oppure per individuare criticità sotto il profilo tecnico. Tipico è il caso della manutenzione predittiva in ambito industriale, in cui la gestione delle macchine deve poter avvenire basandosi su dati freschi, in tempo reale. O il caso delle transazioni finanziarie, in cui l’analisi continua dei dati è un imperativo per la rilevazione tempestiva del rischio di frode.

Come accennato, essere data-driven è un abito mentale dell’intera organizzazione. La data-driven company, dunque, è quella realtà capace di portare la cultura del dato tra i suoi dipendenti e collaboratori, formandoli non solo all’utilizzo delle metodologie e degli strumenti digitali atti alla gestione dei dati, ma – aspetto ancora più incisivo – a un nuovo pensiero, a un nuovo modo di intendere l’intera operatività aziendale e i processi che la caratterizzano.

I vantaggi dell’essere un’azienda guidata dai dati

Si è detto della possibilità, per le aziende – grazie all’approccio data-driven – di prendere decisioni, mettere a punto strategie, individuare eventi critici, risolvere problematiche, modificare attività, a partire da quello che i dati oggettivamente suggeriscono.

Immagine grafica che richiama il concetto di Data Science, dei i dati e della loro analisi come base per diventare una data driven company
Immagine grafica che richiama il concetto di Data Science, dei i dati e della loro analisi come base per diventare una data driven company

Questo significa – per le imprese che, al loro interno, sposeranno tale modello operativo – agire in modo predittivo, facendo previsioni e anticipando cambiamenti, tendenze, richieste e nuove esigenze provenienti dall’esterno.

La flessibilità che ne deriva è definibile quale primo macro-vantaggio dell’essere una data-driven company, con conseguente atteggiamento teso a pianificare con anticipo le azioni opportune.

In particolare, tra i vantaggi che questo registro offre alle organizzazioni che lo adottano, figura una capacità decisionale più puntuale, grazie alla possibilità di avvalersi di strumenti che consentono la lettura e l’incrocio, in tempo reale, di un’ampia mole di dati diversi, dai quali trarre una serie di informazioni utili.

Un esempio eloquente di tale vantaggio è quello di cui gode il retail, i cui punti vendita – incrociando i dati provenienti da fonti differenti (tra cui vendite, pubblicità, analisi di mercato) – sono in grado di elaborare nuove strategie e piani di business.

Un altro vantaggio è dato dal poter calcolare con precisione – misurandoli – gli esiti di determinate linee strategiche, ad esempio in ambito produttivo, mediante sistemi di intelligenza artificiale basati su algoritmi di machine learning e l’automazione degli impianti.

E questo misurare, questo quantificare i risultati si traduce anche in un’organizzazione più fluida del lavoro all’interno dei diversi comparti, con la possibilità di intervenire in tempo reale per apportare eventuali modifiche alle attività.

Come diventare una data-driven company, l’importanza dei dati

Concentrarsi sui dati che si hanno a disposizione – siano essi strutturati oppure grezzi, generati da fonti esterne o interne – per farne il perno del proprio sviluppo come azienda: è questa la strada che segna il percorso verso la trasformazione in data-driven company.

Fondamentale è che tutti, all’interno del gruppo di lavoro, dal management alle figure professionali più laterali, vengano coinvolti in tale percorso e, secondariamente, che vengano inseriti data scientist nel proprio team.

La prima tappa per diventare data-driven compay prevede che si abbia ben chiaro di quali tipi di dati si ha bisogno, ossia quali sono i dati strategici per il proprio business, a seconda del tipo di attività e degli obiettivi che l’azienda si è posta.

Solo per citare un esempio, un centro produttivo potrà focalizzarsi sui dati raccolti per mezzo di sensori e dispositivi IoT installati nelle proprie fabbriche, col fine di entrare in possesso di informazioni relative al funzionamento e alle capacità di produzione dei macchinari.

L’obiettivo, in questo caso specifico, è – partendo dall’analisi delle informazioni raccolte nel sito di produzione – dare vita a strategie atte a migliorare, a perfezionare e correggere le attività.

Il secondo step – per un’azienda che intende diventare data-driven – riguarda, invece, la scelta dei metodi di raccolta della tipologia di dati prescelta.

Al di là dell’appena citato esempio della raccolta di dati in ambito industriale, il consiglio è di prendere innanzitutto in considerazione i dati interni, le informazioni che già si possiedono e le sorgenti di cui ci si può avvalere senza dispendio economico, tra cui il proprio database clienti.

Un metodo per arricchirlo prevede azioni di raccolta dirette – mediante dati forniti volontariamente dagli stessi utenti in seguito a omaggi, sconti e offerte di carattere commerciale – oppure vere e proprie indagini di mercato, inviate a liste precedentemente selezionate.

Ricordiamo, infine, che, oltre a questi strumenti, esiste – per le imprese impegnate nella trasformazione in data-driven company – anche la possibilità di raccogliere, analizzare e incrociare grandi quantitativi di dati in tempo reale, ricorrendo ad algoritmi di intelligenza artificiale, arrivando così a formulare proiezioni ancora più accurate.