Data-driven significa essere “guidati dai dati”, ossia prendere decisioni in base ai dati, alle informazioni di cui si dispone, e non in base a dinamiche soggettive e a sensazioni personali: è questo, in estrema sintesi, il significato di “approccio data-driven”.
Per un’organizzazione, adottare un modello di questo tipo si traduce, in sostanza, nel fare dei dati la base di appoggio del processo decisionale – oltre che di tutti i livelli di operatività – e della scoperta di nuove opportunità di business. Vediamo in che modo.
Cosa significa essere data-driven
Andando più in profondità, essere “guidati dai dati” significa sapere sfruttare la vasta mole di informazioni che si ha a disposizione. Come? Avvalendosi – ad esempio – di strumenti di analisi avanzati, di soluzioni di intelligenza artificiale e di sistemi di data management. L’obiettivo è prendere decisioni basate sulla raccolta e sull’analisi dei dati, automatizzare i processi aziendali, rendere più attraente la propria offerta, affinare le strategie di marketing e molto altro.
Il punto di inizio, lo start, però, è dato dalla definizione di un piano di lavoro che non metta al centro soltanto le tecnologie, bensì anche i processi e le persone, puntando a un’attenta revisione della propria organizzazione. Sposare l’approccio data-driven, infatti, prevede un percorso di cambiamento che porti la “cultura del dato”, la consapevolezza del valore del dato, a tutti i livelli aziendali.
Le implicazioni dell’approccio data-driven
Prima ancora di definire le aree di intervento e procedere all’ottimizzazione dei processi di raccolta, selezione e gestione di dati, va effettuato un lavoro di preparazione delle persone, affinché acquisiscano la padronanza degli strumenti digitali coinvolti e – aspetto ancora più determinante – una forma mentis nuova.
Ciò che va superato è, innanzitutto, l’impostazione del management vecchio stile, in base al quale le decisioni sono quelle di chi sta più in alto nella scala gerarchica o di chi gode di una certa anzianità.
Al contrario, l’approccio data-driven è democratico: implica mettere a disposizione di tutti, indipendentemente dal ruolo e dagli anni di lavoro all’interno dell’organizzazione, la conoscenza che deriva dall’analisi dei dati, evitando la loro strutturazione in silos.
Il filo conduttore dovrà essere un atteggiamento volto a stimolare il pensiero creativo a tutti i livelli e ad adottare un approccio inclusivo, coinvolgendo ogni elemento della catena del valore e creando un flusso di comunicazione organizzata, tracciabile, accessibile a tutti e analizzabile.
Ecco, allora, che il cuore del percorso di cambiamento verso la “cultura del dato” – al quale si accennava in precedenza – passa anche attraverso la creazione di una community interna attiva che, con la condivisione e il confronto, aiuti ognuno a costruire “la propria” cultura del dato.
Se ognuno può accedere ai dati, è però fondamentale che ognuno possieda anche le giuste competenze e che acquisisca le abilità per poterli sfruttare appieno.
Da qui l’importanza di creare opportunità di formazione e sviluppo per tutti all’interno dell’azienda, presidiando, in particolare, le aree tecnologiche afferenti alle big data platform (che consentono l’integrazione di qualsiasi tipo di dato, strutturato, semistrutturato, non strutturato), agli advanced analytics (che processano dati continuamente aggiornati, per prevedere tendenze, comportamenti ed eventi futuri, delineando scenari e anticipando le ricadute sulle strategie aziendali di eventuali cambiamenti), alle soluzioni di data governance (per gestire tutti i processi volti a garantire disponibilità, usabilità, coerenza, integrità e sicurezza dei dati) e, infine, alle tecniche che fanno capo all’ambito di studi dell’intelligenza artificiale, dal machine learning al natural language processing.
Sotto il profilo delle tecnologie da adottare, ogni progetto che punti all’approccio data-driven implica un’equilibrata mescolanza di queste aree.
Come essere data-driven in azienda
Compreso che cosa significa essere data-driven e quali passaggi scandiscono l’iter che conduce all’adozione di questo modello all’interno della propria organizzazione, è il momento di focalizzarsi sui dati.
Per le aziende di ogni dimensione e settore di appartenenza, digitali oppure dedite ad attività più tradizionali, il business affonda le proprie radici nei dati, che mettono in correlazione operatività, metodologie di marketing e strategie.
Il primo lavoro da compiere è di tipo preliminare, fatto di osservazione e comprensione di processi e comportamenti, di quantificazione e di misurazione, per giungere a individuare quali fonti di dati e quali dati sono davvero importanti. Tra i tanti, ad esempio, quanti sono i clienti, quando e quanto spendono, che età hanno, quali gusti possiedono. E la lista continuerebbe.
Individuati fonti e dati utili, è bene ricordare che essere data-driven in azienda presuppone il fatto di compiere scelte strategiche sulla base di ciò che oggettivamente i dati indicano e non su visioni soggettive riferite a tali dati.
Chi saprà fare propria questa linea, è in grado di pianificare il futuro dell’azienda in modo predittivo e di modificare, quando occorre, la propria direzione, intervenendo sui processi in tempi rapidi per renderli sempre più efficaci, così da rispondere in modo puntuale ai cambiamenti del mercato e alle sempre diverse richieste da parte dei clienti.
Per tradurre in partica tutto questo, i dati vanno raccolti, gestiti e analizzati. Il che richiede l’adozione di soluzioni ad hoc, oltre a strumenti di visualizzazione e di reportistica avanzata.
Infine, un ultimo – ma non meno importante – aspetto relativo al dato: la sua sicurezza. Alle aziende servono infrastrutture affidabili, per una gestione del dato che consideri la sua protezione e la sua riservatezza parte fondante dell’approccio data-driven e parte centrale del business stesso.
Quali sono i dati da raccogliere
È il marketing – con l’obiettivo principe di anticipare gusti e comportamenti di utenti e clienti e, conseguentemente, di personalizzare le proposte sulla base delle singole e specifiche richieste di ognuno – la sfera in cui la trasformazione data-driven è, oggi, più incisiva.
In questo ambito, i dati sui quali concentrarsi sono, in parte, archiviati nel CRM e, in parte, acquisiti da terzi, soprattutto dai social media: viaggi, interazioni, acquisti, interessi, hobby, opinioni, attività formative e lavorative, esperienze, tutto questo produce un’immensa quantità di dati, un variegato patrimonio informativo in continua evoluzione.
L’obiettivo è quello di creare veri e propri profili utente, in modo da costruire ed erogare contenuti “su misura” e in maniera ottimizzata e migliorare così i risultati delle campagne di pubblicità.
Anche gli uffici Risorse Umane stanno sempre più sposando il modello data-driven, con – in particolare – applicazioni interessanti nel processo di ricerca e selezione del personale. In questo caso, in primo piano sono i curriculum e le lettere di presentazione dei candidati, ai quali si aggiungono immagini, video e dati eterogenei tratti dai profili pubblici dei social media.
In ambito industriale, invece, i dati da raccogliere e processare sono, maggiormente, quelli provenienti dai dispositivi IoT e dai sensori intelligenti presenti nelle fabbriche, che collezionano parametri di stato ed esercizio in relazione a macchinari e processi.
Informazioni – queste – che vengono inviate attraverso la rete ai sistemi centrali, dove vengono incrociate con altri dati, provenienti da apparati gestionali, applicazioni mobile e piattaforme online. L’analisi di questa mole di dati permette di elaborare strategie migliorative e di attuare azioni correttive, sia in modalità automatica sia con l’intervento umano.
Come raccogliere i dati
Il primo obiettivo di ogni organizzazione è quello di arricchire, ampliare il proprio database clienti, intervenendo sia sulla quantità dei nominativi, sia sulla qualità delle informazioni che vi sono contenute, allo scopo di rendere più efficaci le strategie di ingaggio e di fidelizzazione attraverso la marketing automation.
Per estendere il CRM si possono mettere in campo molteplici attività, che vanno dalla raccolta di dati forniti volontariamente in cambio di buoni sconti, premi e omaggi alle fidelity card, considerate uno strumento cardine per conoscere i comportamenti di acquisto dei clienti e veicolare promozioni mirate.
Un altro efficace mezzo per raccogliere dati è rappresentato dalle indagini mediante survey online su specifiche tematiche, da inviare a mailing selezionate. Solitamente – se comprendono che questo permette di migliorare la loro esperienza di acquisto e se l’impegno nel compilare il questionario è premiato con il giusto incentivo – gli utenti si dimostrano ben disposti a fornire una serie di informazioni, riguardanti gusti, abitudini, ricorrenze quali il proprio compleanno o quello dei familiari, interessi e aspettative.
Oggi l’obiettivo degli esperti di marketing è quello di integrare più fonti di acquisizione dati, tra cui acquisti online, customer database, fidelity card e attività sui social.
La tecnologia, inoltre, permette di incrociare tali dati e di tracciare in modo integrato non solo gli acquisti online ma anche le azioni social e le condivisioni, indicative del grado di coinvolgimento del cliente.
E, per le aziende più evolute, è anche possibile acquisire e analizzare i dati in tempo reale, nel momento stesso in cui si generano, per creare proiezioni e ipotesi che, grazie all’applicazione di algoritmi di intelligenza artificiale, sono sempre più puntuali e precise.
Analisi e processo decisionale data-driven
L’approccio data-driven applicato al processo decisionale prevede innanzitutto che vengano esplicitati gli obiettivi aziendali che si intendono perseguire, sia a livello di direzione che dei singoli reparti. Sono gli obiettivi, infatti, a dirci su quali dati focalizzarsi.
Questo primo step, oltre che nella scelta dei KPI e delle metriche di misurazione delle decisioni intraprese, sta alla base della selezione dei dati da analizzare e delle domande da porsi.
Prima dei dati, però, è bene identificare quali precise aree di business sono più importanti per il raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Fatto questo, i passi successivi vertono sul capire esattamente “che cosa” si ha bisogno di sapere per conseguire gli obiettivi e sul chiarire quali sono i dati ai quali è necessario accedere per rispondere a tale domanda.
Si tratta di passaggi concatenati, in cui, dopo avere individuato i dati che servono, si deve poter valutare quali sono le vie da percorrere per raccoglierli, partendo da ciò di cui già si dispone o da quelle fonti alle quali si può accedere agilmente e a costo zero.
Se, invece, i dati di cui si necessita non sono presenti in azienda, bisogna pensare a sistemi di raccolta, acquisendo o accedendo a dati esterni, verificando i costi di questa operazione e valutando se è conveniente, ossia se i benefici superano i costi di acquisizione.
I dati, alla stregua di qualsiasi altro investimento aziendale, sono importanti. Dunque, esattamente come per qualsiasi altro investimento, è necessario fare chiarezza sul suo valore a lungo termine nel quadro di quella che è la strategia aziendale.
A conclusione di questo iter, si giunge al momento decisivo: l’analisi dei dati. Operazione dalla quale dipendono l’estrazione di informazioni utili al business e le decisioni da prendere per farlo evolvere, traducendo – finalmente – i dati in azioni concrete.