La prossima era industriale è già cominciata? Dalla Commissione UE alle teorie più recenti, ecco cos’è l’Industria 5.0 e quale impatto (positivo) avrà su industria e lavoratori


Macchine, elettricità, computer, internet… E ora siamo pronti all’Industria 5.0? Sì, perché dopo la prima rivoluzione industriale e le altre che si sono susseguite, si sta già prefigurando la prossima era/rivoluzione che, in teoria, promette benefici sia ai lavoratori che alle imprese. Lo segnala la Commissione Europea che ha presentato lo scorso gennaio un documento dedicato “Industry 5.0: verso una industria europea sostenibile, humancentric e resiliente”. L’attenzione passa dal valore per gli azionisti a quello degli stakeholder e mette il benessere del lavoratore al centro del processo di produzione e usa le nuove tecnologie per fornire prosperità oltre i posti di lavoro e la crescita, rispettando i limiti di produzione del pianeta.

“Rendere l’Industria 5.0 una realtà non è solo una cosa bella da fare. Le industrie devono adattarsi, evolversi e abbracciare la transizione verde e digitale per continuare ad essere competitivi e rimanere motori di prosperità”, si scrive.

La Commissione UE è pienamente consapevole che l’industria sia il maggior contributore all’economia europea, in termini economici e occupazionali. Tra il 2009 e il 2019, ha costantemente rappresentato circa il 20% del PIL dell’UE, con il manifatturiero in particolare che aggiunge circa il 14,5% del valore dell’economia europea, che è la seconda più grande a livello mondiale in termini nominali, dopo gli Stati Uniti, e la terza in termini di parità di potere d’acquisto, dopo Cina e USA.

Ma cosa significa Industria 5.0? Che differenza c’è con la 4.0? Quali saranno i benefici attesi? Andiamo allora a rispondere di seguito.

Industry 5.0: cos’è e quali sono le sue caratteristiche

C’è chi la definisce come la ri-umanizzazione della corsa all’automazione. Chi, invece, pensa che Industria 5.0 riguardi le persone che lavorano insieme a robot e macchine intelligenti, che aiutano gli esseri umani a lavorare meglio e più velocemente sfruttando tecnologie avanzate come l’Internet of Things e i big data, aggiungendo un “tocco” umano ai pilastri dell’Industria 4.0 di automazione ed efficienza.

Secondo Marina Ruggieri, IEEE fellow e docente di telecomunicazioni all’Università di Roma Tor Vergata, il paradigma dell’Industria 5.0 si baserà sulla pervasività di tre pilastri principali: connettività, conoscenza e rilevamento intelligente.

Per quanto riguarda la visione dell’Unione Europea, la versione 5.0 completa il paradigma di Industry 4.0, evidenziando la ricerca e l’innovazione come motori per una transizione verso un’industria europea sostenibile, centrata sull’uomo e resiliente. “L’industria 5.0 è in grado di apportare benefici all’industria, ai lavoratori e alla società”.

Industria 5.0 - gli elementi
Gli elementi dell’industria 5.0

La Commissione UE nello studio dedicato mette al centro concetti come approccio human-centric, sostenibilità e resilienza. A proposito del primo concetto, esso vuole evidenziare che la tecnologia deve essere impiegata per adattare il processo di produzione alle esigenze del lavoratore. Significa anche far sì che l’uso delle nuove tecnologie non interferisca con diritti fondamentali dei lavoratori quali privacy, autonomia e dignità umana.

Per quanto riguarda la sostenibilità, un forte accento è quello legato alla economia circolare e all’efficienza energetica, in particolare, mentre la resilienza si riferisce alla necessità di sviluppare un più alto grado di robustezza nella produzione industriale, armandola meglio contro le interruzioni e assicurandosi che possa fornire e sostenere infrastrutture critiche in tempi di crisi.

Industria 5.0 e le precedenti fasi

Le fasi verso Industria 5.0
Industria 4.0 e quarta rivoluzione industriale. Le fasi che precedono l’arrivo dell’industria 5.0

Ma perché si parla di Industria 5.0? Perché è il quinto passaggio fondamentale, la quinta rivoluzione industriale dopo che la prima è stata definita dalla meccanizzazione attraverso l’acqua e la forza del vapore, la seconda ha avuto al centro il concetto di produzione di massa ed è stato caratterizzato da energia elettrica, insieme a ferro e acciaio; la terza invece ha visto l’ascesa del computer e dell’automazione. L’Industry 4.0 è caratterizzata dalla connessione e digitalizzazione, la creazione di fabbriche veramente intelligenti con sistemi cyber-fisici e la comunicazione attraverso Internet e ancor più specificamente l’Internet of Things. L’Industria 5.0 fa il passo successivo, che consiste nello sfruttare la collaborazione tra macchinari sempre più potenti e precisi e il potenziale creativo unico dell’essere umano.

C’è chi sostiene che la pandemia ha accelerato l’ascesa della robotica, della digitalizzazione e l’inizio dell’Industria 5.0. Come l’Industria 4.0, che si concentra sull’uso dell’intelligenza artificiale (AI), i Big Data e l’IoT, l’Industrial IoT, la versione 5.0 incorpora questi sistemi e una maggiore intelligenza umana. La differenza principale tra la quarta e la quinta rivoluzione industriale è che quest’ultima cerca di favorire un rapporto di lavoro più equilibrato tra le tecnologie sempre più intelligenti e gli esseri umani. Piuttosto che gli umani che competono con i robot per i lavori, come temuto con l’arrivo dell’Industria 4.0, gli umani sono ora immaginati a collaborare sempre più con loro. Da qui l’elemento forse più rappresentativo, a livello tecnologico, di questa interazione virtuosa tra uomo e macchina saranno i cobot, i robot collaborativi, integrati nei processi industriali per compiti più ripetitivi e banali, fornendo agli umani maggiori opportunità di usare il loro estro creativo.

Differenza con Industry 4.0 e legami con Società 5.0

L’Industria 5.0 ha le sue radici nel concetto di “Industria 4.0”, termine coniato in Germania nel 2011, che nei suoi dieci anni di vita si è concentrata sulla digitalizzazione e sulle tecnologie guidate dall’AI per aumentare l’efficienza e la flessibilità della produzione. Il concetto di Industria 5.0 sottolinea, invece, l’importanza della ricerca e dell’innovazione per sostenere l’industria nel suo servizio a lungo termine all’umanità entro i confini del pianeta.

Una definizione più puntuale la offre Prasanna Lohar, Head of Innovation di DCB Bank: “Se l’attuale rivoluzione enfatizza la trasformazione delle fabbriche in strutture intelligenti abilitate all’IoT che utilizzano il cloud computing e l’interconnessione, l’Industria 5.0 è destinata a concentrarsi sul ritorno delle mani e delle menti umane nella struttura industriale”.

Da questa attenzione con l’elemento umano e sulle persone, Industria 5.0 si lega a Società 5.0, termine nato in Giappone e che è basato sul concetto di “Società” in esso, il modo in cui le persone assicurano il loro sostentamento è direttamente collegato al modo in cui costruiscono la loro società. Società 5.0 cerca di bilanciare lo sviluppo economico con la risoluzione di problemi sociali e ambientali. Non si limita al settore manifatturiero, ma affronta sfide sociali più ampie basate sull’integrazione di spazi fisici e spazi fisici e virtuali. Quella 5.0 è una società in cui le tecnologie informatiche avanzate, l’Internet of Things, i robot, l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata sono utilizzati attivamente nella vita quotidiana, nell’industria, nella sanità e in altre sfere di attività, non principalmente per un vantaggio economico vantaggio economico, ma per il beneficio e la comodità di ogni cittadino.

L’impatto di Industria 5.0 su persone e aziende

Descritte le caratteristiche, occorre comprendere quali saranno gli impatti che potrà produrre l’Industria 5.0. Innanzitutto, rileva la Commissione Europea, una delle più importanti transizioni paradigmatiche che caratterizzano il modello 5.0 è lo spostamento dell’attenzione dal progresso guidato dalla tecnologia a un approccio human-centric. Questo significa non lasciare indietro nessuno e consegue una serie di implicazioni, relative a un ambiente di lavoro sicuro, al rispetto dei diritti umani e alle competenze richieste per i lavoratori.

Una delle paure associate all’adozione delle nuove tecnologie è la perdita di posti di lavoro. Tuttavia, se applicate correttamente, il progresso tecnologico e le soluzioni dedicate permettono potenzialmente di rendere i luoghi di lavoro più inclusivi e più sicuri per i lavoratori, oltre ad aumentare la loro soddisfazione sul lavoro e il loro benessere. I dati Eurostat sugli incidenti sul posto di lavoro indicano che i primi tre settori in cui si verificano incidenti sono proprio quelli in cui i compiti pericolosi e faticosi dei lavoratori potrebbero essere automatizzati con relativa facilità. I robot potrebbero gestire una serie di compiti ripetitivi e più semplici, contribuendo a contare su ambienti lavorativi più sicuri. Il potenziale della tecnologia robotica è lungi dall’essere esaurito, specialmente quando è alimentata dall’intelligenza artificiale. Le tecnologie basate sull’AI, così come gli strumenti di realtà virtuale e aumentata, possono essere utilizzati per guidare il lavoratore a svolgere compiti più specializzati, che altrimenti richiedono competenze e formazione specifiche. Questo potrebbe anche aprire opportunità per introdurre più persone con capacità mentali ridotte nell’ambiente di lavoro.

L’industria 5.0 avvantaggia tanto i lavoratori quanto le aziende. I benefici per l’industria sono ampi, e vanno da una migliore attrazione dei talenti, al risparmio energetico, all’aumento della resilienza generale. Il beneficio complessivo per l’industria europea è a lungo termine: competitività e rilevanza continua adattandosi con successo a un mondo che cambia oltre che a nuovi mercati. “Nel breve termine, gli investimenti richiesti potrebbero esporre le industrie europee al rischio di perdere temporaneamente competitività rispetto a quelle che non investono ancora in Industria 5.0. Sarà cruciale temporizzare a fondo e coordinare gli investimenti, al fine di mitigare questo rischio. Tuttavia, crediamo che i rischi maggiori per l’industria si materializzerebbero se non ci si impegnasse nella più ampia transizione della società verso la sostenibilità, la centralità dell’uomo e la resilienza, perdendo così competitività nel lungo periodo” è la conclusione della Commissione UE.