Secondo Martin Lidstrom, le più grandi innovazioni del nostro tempo derivano dagli small data. Ma cosa sono esattamente e come sfruttarli?


Gli Small Data si stanno affermando come un nuovo trend capace di creare vantaggi nel mondo business ma non solo. C’è chi ritiene che “se si prendono le 100 più grandi innovazioni del nostro tempo, forse circa il 60%-65% sono davvero basate su Small Data”. A dirlo è Martin Lindstrom consulente strategico di alcune delle più grandi aziende nel mondo, nel suo libro “Small Data – i piccoli indizi che svelano i grandi trend”. Sono persino entrati nei trend Gartner 2020. Su di essi la stessa società di consulenza ha messo in luce l’importanza dei “piccoli dati” per l’Intelligenza Artificiale, specie in un momento così complesso come quello odierno, caratterizzato dalla pandemia e dalle complessità conseguenti. E ha messo in luce come “i leader di prodotto che offrono soluzioni di AI devono comprendere perché un approccio Small Data è importante per aiutare le organizzazioni a iniziare con l’Artificial Intelligence e rendere le implementazioni più resilienti e agili”.

Quindi, i Big Data sono inutili? No, non è così. Vedremo proprio quali siano le logiche differenze tra i due mondi, ma anche quando è bene considerare che Big Data e Small Data contribuiscono, insieme, ad avere informazioni corrette.

Cosa sono gli Small Data

Gli Small Data sono dati abbastanza “piccoli” per essere compresi dall’uomo, in un volume e in un formato tali da essere accessibili, informativi e fruibili.

Gartner li definisce come una serie di tecniche che permettono alle organizzazioni di gestire modelli di produzione più resilienti e in grado di adattarsi a grandi eventi mondiali come la pandemia. Inoltre sono ideali per problemi di AI dove non ci sono grandi serie di dati disponibili.

Non per niente li ha inseriti nei trend Hype Cycle 2020, insieme all’AI generativa e all’AI composita. E ha motivato questa decisione, indicando che oltre al Machine Learning, le organizzazioni stanno considerando molteplici strumenti e metodi per sostenere il processo decisionale con l’Intelligenza artificiale.

Il già citato Lindstrom è del parere che vadano considerati come la più potente tecnologia mai creata in ambito business. Da tempo nelle aziende si è capito che il punto vincente di qualsiasi campagna è quello di rispondere ai cosiddetti Customer Insights e che l’esperienza utente è la chiave della Digital Transformation. Quello che hanno portato gli Small Data è la loro capacità di essere inneschi delle idee innovative e delle risposte trasformative per rivoluzionare i brand.

Lo stesso guru ha specificato quale sia il principio su cui si basano, teorizzando le 7C: Collecting, Clues, Connecting, Correlation, Causation, Compensation, Concept. La prima C sottolinea l’importanza di osservare tutto, rimuovendo il filtro culturale che impedisce di vedere ciò che sta realmente accadendo. La seconda, Clues si riferisce alla capacità di raccogliere indizi, facendo domande, cercando di creare una narrazione su ciò che sta accadendo e osservando le reazioni emotive. Con Connectingintende saper collegare, per esempio le conseguenze delle reazioni emotive. Nel caso della Correlazione si tratta di domandarsi: Quando è apparso per la prima volta il comportamento o l’emozione? C’è stato un cambiamento nel comportamento del consumatore ad un certo punto? Quando è avvenuto? Con Causalità intende cercare relazioni causa-effetto. Nel caso invece della Compensazione occorre domandarsi quale sia il desiderio insoddisfatto o inappagato? Qual è il modo migliore per soddisfarlo? Per il rivenditore era creare un senso di comunità. Infine con Concetto occorre mettere in luce quale sia la grande idea relativa al desiderio del consumatore identificato.

Il Processo 7C, ovvero la metodologia messa a punto da Lindstrom è un processo che implica la raccolta di osservazioni, la curiosità di esplorarle e le loro relazioni in dettaglio, e la capacità di arrivare a intuizioni e narrazioni che si traducono in un’idea attuabile. È assumere il ruolo di un detective per risolvere un puzzle con persistenza e pazienza. Un lavoro di investigazione e di osservazione costante, per cogliere gli Small Data e trarne profitto.

Small Data vs Big Data

Qual è la principale differenza tra Big Data e Small Data? Una prima differenza potrebbe essere che il primo termine riguarda le macchine mentre il secondo ha a che fare con le persone.

Per comprendere meglio la differenza, occorre forse partire dal significato di Big Data, che è dato da almeno tre importanti fattori: la quantità di dati, la loro varietà e velocità di generazione. Nel primo caso, si può parlare di Big Data con un dataset misurabile in zettabyte (10^21byte). Per quanto riguarda la varietà, i Big Data includono dati strutturati e non: in quest’ultimo caso entrano, per esempio, immagini, file audio e video, file testuali. Infine la velocità di generazione dei tipici Big Data è il real-time. Da qui si può partire da una prima differenza tra i due concetti: i Big Data si occupano di trovare le correlazioni, gli Small Data invece di trovare la causalità, il perché. Questi ultimi hanno il loro punto di forza nel fatto che sono facili da comprendere, accedere e analizzare.

I Big Data poi non riguardano le emozioni, ma i database, le metriche, gli algoritmi e molto altro. Gli Small Data sono più legati all’intuizione.

Entrambi possono essere utili per prendere decisioni. Nel caso dei “piccoli”, essi non sono finalizzati a influire in larga misura sul business. Mentre, con i “grandi”, sono utili quando un’azienda deve prendere decisioni cruciali per l’espansione, utilizzando Big Data Analytics, che può avere un impatto positivo sul business.

A parte le differenze, ci sono campi in cui Big e Small Data possono giocare insieme? Sì, ci sono.

Una cosa comune tra i due è la loro capacità di incidere sulle imprese attraverso decisioni ponderate e conclusioni prese dopo un’analisi approfondita.

 Anzi, c’è chi ritiene che essi debbano essere integrati per fornire strumenti più completi in ausilio al business. Gli Small Data, permettono di avere informazioni di dettaglio, per esempio, dei comportamenti e dei valori di riferimento dei consumatori. Sono ancora loro capaci di restituirci informazioni su cultura, emozioni, sentimenti, abitudini, che influenzano ovviamente le intenzioni di acquisto. Per questo, l’impiego di entrambi permette di avere informazioni più complete e maggiormente utilizzabili. Per definire meglio la strategia di business aziendale è quindi opportuno sfruttare i benefici di uni e degli altri. È possibile, infatti, processare una prima raccolta e analisi dei Big Data per elaborare informazioni, da approfondire poi nel dettaglio degli Small Data.

Come e perché utilizzare gli Small Data

C’è poi un aspetto che fa prediligere in taluni contesti l’impiego esclusivo dei Small Data.

Intanto, i Big Data – come detto – per le loro caratteristiche sono complessi da gestire. Gli Small Data sono presenti in molti ambiti di vita quotidiana: per esempio, i canali social sono ricchi di “piccoli dati” pronti per uso marketing.

Gli Small Data sono al centro del nuovo CRM Customer Relationship Management ovvero la gestione delle relazioni con i clienti in termini di base clienti e loro fidelizzazione.

business intelligence cycle and CRM
Gli Small Data sono al centro del nuovo CRM – Customer Relationship Management

Il CRM permette di identificare i segmenti chiave della base di contatti mirati e comunicare con loro nel modo più pertinente possibile. Così, se gli acquirenti B2B fanno acquisti diversi da quelli dell’eCommerce, è possibile adattare le campagne di marketing a ciascun gruppo e aumentare le vendite. Così è possibile avere anche preziose intuizioni sul comportamento online dei potenziali clienti, in modo da sapere quali sono i canali migliori per raggiungerli e coinvolgerli.

Quando si accede a Small Data all’interno del CRM, è possibile alimentare un’esperienza personalizzata in ogni fase del ciclo di vita del cliente.

Esempi applicativi

Per comprendere la forza degli Small Data occorre fare qualche esempio. Ma intanto è bene mettere in luce a chi possono realmente servire gli Small Data. Le piccole imprese che intendano considerare una strategia di analisi dovrebbero inizialmente concentrarsi sull’uso di Small Data per generare intuizioni utili sui loro clienti prima di passare ad applicazioni di Big Data per analisi più prescrittive e predittive.

Perché a volte i Big Data non sono l’approccio adatto a fornire determinate risposte. L’esempio di questo lo ha fornito Martin Lindstrom, mettendo in luce uno dei punti forti degli Small Data, ovvero il loro basarsi sull’analisi sul campo dei clienti, sull’osservazione dei loro comportamenti e delle loro abitudini. L’esempio riguarda la LEGO, famosa in tutto il mondo per i suoi mattoncini. Nel 2002 decise di aumentare le dimensioni dei mattoncini sulla base del fatto che i Big Data avessero decretato che le giovani generazioni non erano attirate dai giochi complessi perché troppo distratti dai nuovi devices elettronici. L’anno dopo LEGO mise in vendita i mattoncini più grandi e le vendite calarono del 35% negli USA. Per cercare di rimediare alle perdite, la società decise di ricorrere a interviste dirette ai consumatori per raccogliere Small Data. Da qui LEGO scoprì che i “millennials” amano le sfide complesse e poter esibire i propri risultati. Ed ecco che vennero messi in vendita scatole ancora più grandi con mattoncini ancora più piccoli. Così l’azienda rinacque.