Il data center definito dal software offre svariati vantaggi ed è potenzialmente fruibile anche a imprese di dimensioni contenute. Ecco cos’è e i benefici che è in grado di offrire a chi lo adotta


La virtualizzazione dell’infrastruttura IT sempre più spinta ha reso l’adozione del Software Defined Data Center un’opportunità di crescente interesse motivata da svariati vantaggi economici e logistici. Già dal nome si comprende come la smaterializzazione sia una caratteristica dominante: il data center definito dal software estremizza i concetti di virtualizzazione come astrazione, pooling e automazione a tutte le risorse e i servizi del data center per raggiungere l’IT come servizio. L’idea di “alleggerirsi” di hardware per contare su una architettura rapida, snella e ancora più efficiente spinge l’interesse di mercato. Non è un caso che Global Market Insights, dopo aver connotato una dimensione del mercato del Software-Defined Data Center già superiore ai 40 miliardi di dollari nel 2019 lo prevede in forte crescita: stima, infatti un CAGR superiore al 26% tra il 2019 e il 2026.

Già nel 2017 Forrester Research definiva SDDC come il presente o quanto meno il prossimo futuro, dando come “finito” il concetto tradizionale del data center. Non solo. Secondo Richard Fichera e il team di analisti Forrester che si sono occupati del tema, “l’impatto del SDDC è immenso, offrendo l’opportunità di integrare le architetture legacy, il cloud e le architetture incentrate sul carico di lavoro in un unico dominio di automazione”.

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Cos’è un software defined data center

Partiamo con una definizione puntuale di SDDC. Si è detto che la virtualizzazione è il tratto dominante del Software Defined Data Center, una struttura di archiviazione dei dati in cui tutti gli elementi dell’infrastruttura sono virtualizzati e forniti come servizio. Significa, quindi, che rete, storage, CPU e sicurezza sono “eterei”, come pure astratti dall’hardware sono la distribuzione, il funzionamento, il provisioning e la configurazione.

Si pensi a un data center tradizionale. Si tratta di una struttura in cui i dati organizzativi, le applicazioni, le reti e l’infrastruttura sono ospitati e accessibili a livello centrale. È l’hub per le operazioni IT e le attrezzature dell’infrastruttura fisica, compresi i server, i dispositivi di archiviazione, le apparecchiature di rete e i dispositivi di sicurezza.

All’opposto, SDDC è una piattaforma IT-as-a-Service (ITaaS) che serve le esigenze di software, infrastruttura o piattaforma di un’organizzazione. Un data center definito dal software può essere ospitato on-premise, presso un MSP e in cloud privati, pubblici o ospitati. Come i data center tradizionali, gli SDDC ospitano anche server, dispositivi di storage, apparecchiature di rete e dispositivi di sicurezza.

A differenza dei data center tradizionali, un Software Defined Data Center utilizza un ambiente virtuale per fornire un approccio programmatico alle funzioni di un data center tradizionale. Tutto questo, come vedremo in maniera più approfondita più avanti, ha sensibili vantaggi: riduce i costi, aumenta la scalabilità, migliora l’agilità del business.

L’infrastruttura SDDC

Detto cos’è l’SDDC, è bene illustrare i componenti basilari di un’infrastruttura, che è caratterizzata da:

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  • la virtualizzazione del calcolo, dove le macchine virtuali – compresi i loro sistemi operativi, CPU, memoria e software – risiedono sui server cloud. La virtualizzazione di calcolo permette agli utenti di creare implementazioni software di computer che possono essere avviati o spenti a seconda delle necessità, diminuendo il tempo di provisioning.
  • la virtualizzazione della rete, che combina le risorse di rete dividendo la larghezza di banda disponibile in canali indipendenti che possono essere assegnati – o riassegnati – a un particolare server o dispositivo in tempo reale;
  • la virtualizzazione dell’archiviazione raggruppa l’archiviazione fisica da più dispositivi di archiviazione di rete in quello che sembra essere un singolo dispositivo di archiviazione gestito da una console centrale.
  • La virtualizzazione del server maschera le risorse del server, incluso il numero e l’identità dei singoli server fisici, dei processori e dei sistemi operativi (OS), dagli utenti del server. L’intenzione è quella di risparmiare agli utenti la gestione di complicati dettagli sulle risorse del server. Aumenta anche la condivisione e l’utilizzo delle risorse, mantenendo la possibilità di espandere la capacità in un secondo momento.
  • Software di gestione e automazione. Gli SDDC usano software di gestione e automazione per mantenere le funzioni critiche del business in funzione 24 ore su 24, riducendo la necessità di manodopera IT. La gestione remota e l’automazione sono fornite tramite una piattaforma software accessibile da qualsiasi luogo adatto, tramite API o accesso al browser web.

Quali vantaggi offre

Come accennato, sono almeno tre i vantaggi offerti dal Software Defined Data Center. Partiamo dai costi ridotti: risulta chiaro che in generale, contare su un SDDC piuttosto che ospitare un data center fisico è più conveniente. I data center tradizionali devono far pagare di più per coprire i costi legati a dover avere un gruppo di persone dedicate 24 ore su 24. Inoltre, il centro dati fisico pesa di più anche in termini di sicurezza.

I Cloud SDDC operano in modo simile alle piattaforme SaaS che addebitano un costo mensile ricorrente accessibile. Per questo l’SDDC è economicamente fattibile a tutti i tipi di aziende.

Per quanto riguarda la maggiore scalabilità, gli SDDC possono espandersi insieme alle esigenze aziendali, senza richiedere più spazio da ricavare come nel caso dei data center tradizionali. Veniamo infine all’agilità del business. In questo senso il Software Defined Data Center apporta vantaggi in termini di equilibrio, flessibilità e adattabilità.

Un SDDC fornisce a un’organizzazione il proprio cloud privato per un migliore controllo dei dati ospitati. I data center definiti dal software sfruttano l’agilità, l’elasticità e la scalabilità del cloud computing. Il vantaggio principale è l’automatizzazione di tutte le funzioni attraverso un software intelligente, specialmente i compiti ad alta intensità manuale relativi al provisioning e alla gestione operativa.

Questo permette un alto grado di flessibilità all’interno di un data center tradizionale. Le risorse sono messe in comune e approvvigionate alla maniera di un cloud privato o di un cloud ibrido. I carichi di lavoro operano indipendentemente dall’infrastruttura IT fisica.

Sia la gestione dell’infrastruttura che la gestione del carico di lavoro sono controllate programmaticamente. Il risultato voluto è quello di ridurre i costi e le spese generali di gestione.

Tutto bene quindi? Quasi. È bene segnalare anche i potenziali ostacoli o criticità legate al passaggio da un data center tradizionale e di proprietà a uno “virtuale”. Il principale è rappresentato dal fatto che il passaggio a un’architettura Software Defined Data Center richiede una transizione verso sistemi virtualizzati, per quelle piattaforme fisiche legacy. Ciò significa un cambiamento nel modo in cui l’infrastruttura viene monitorata, gestita e mantenuta per conformarsi a queste nuove politiche. A questo si aggiunge il fatto che tutto ciò che non sta migrando alla nuova piattaforma SDDC, o che si sta spostando verso i cloud pubblici, avrà ancora bisogno di funzionare bene con la nuova strategia di infrastruttura SDDC.

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